VENEZIA – Puntare sui rimpatri dei migranti è come “svuotare il mare con un secchio”. E per di più “si rischia di paralizzare il Paese” per questa attività. A dar fondo alle sue perplessità sul tema è Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, questa mattina in conferenza stampa a Palazzo Balbi. Nel periodo 2018-2021, ricorda Zaia, “su 107.000 persone con provvedimento di rimpatrio abbiamo avuto 20.000 rimpatriati. E dal 2021 a oggi non abbiamo mai superato i 4.000 rimpatri all’anno”. Quindi, valuta Zaia, “ci saranno anche i Cpr. Ma non ce la faremo mai. È come pensare di svuotare il mare con un secchio”. Tra l’altro, sottolinea il governatore, “per ogni migrante rimpatriato servono quattro poliziotti che lo accompagnano. Se dobbiamo accompagnare 150.000 persone all’anno, paralizziamo un Paese intero per i rimpatri”.
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Secondo Zaia, dunque, “la soluzione è far arrivare solo chi ha davvero bisogno“. Ma su questo l’Europa “è latitante- attacca il presidente della Regione Veneto- è imbarazzante l’attività europea. Dopo la visita della Von Der Leyen vorrei sapere quale saranno i provvedimenti”. Zaia è scettico. “La Ue non ha dimensione politica su questo tema, si affidano di più al meteo che non a risolvere il problema ma alla base. Ma siamo già il ventre molle europeo, non possiamo aspettare l’autunno per poi pensarci l’anno prossimo”. E anche il dialogo con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sostiene Zaia, “non ce lo possiamo sorbire solo noi”.
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ZAIA: NESSUNO CI HA CHIAMATO PER APRIRE UN NUOVO CPR
Il presidente della Regione Veneto sui Cpr mette subito in chiaro: “Non ho mai parlato con nessuno. Nel senso che non siamo stati contattati da nessuno per un nuovo centro“. Il governatore squaderna tutti i suoi timori sul tema dei migranti in arrivo. “Guardiamo con molta preoccupazione i numeri- afferma Zaia- ci confermano i timori che avevamo a inizio estate, che non sono stati colti dai grandi strateghi della politica veneta”. Secondo il presidente quest’anno “ci saranno almeno 200.000 arrivi, il doppio dell’anno scorso”. Ma, avverte Zaia, “la misura è colma”.
Di queste 200.000 persone, calcola il governatore, “diciamo che il 10% avrà lo status di rifugiato. E altri 30.000 avranno altri tipi di protezione. Quindi almeno 150.000 sono migranti economici che non hanno titolo di chiedere protezione in Italia. Non sono scappati dalla morte e dalla fame. Se vogliamo davvero dare aiuto a chi invece è scappato dalla morte e dalla fame, bisogna avere spazi”. Ma con questi numeri, “rischiamo di rubare letti e ospitalità a chi ha davvero bisogno. Su questo Europa deve porsi delle domande”. Zaia solleva anche il tema della “dignità dell’accoglienza”, criticando l’idea di realizzare tendopoli o sovraccaricare i centri di accoglienza attuale, perchè “rischiano di essere un substrato di magagne sociali. Non so dicendo che tutti quelli che arrivano qui sono delinquenti, ma sarebbe auspicabile se evitiamo di creare il substrato per i delinquenti in erba”.
IL GOVERNATORE DEL VENETO: A RISCHIO NOSTRA FISIONOMIA, TUTELARE RESIDENTI
Con centinaia di migliaia di nuovi arrivi di migranti “rischiamo di mettere all’angolo la comunità residente. Cambia la nostra morfologia. Non è un discorso razzista, ma di programmazione”. Tra i vari aspetti della questione, Zaia parla anche di una “inquietudine nel medio periodo” che è “legata alla fisionomia della nostra popolazione”. In Veneto, ricorda il governatore, “abbiamo già garantito un percorso di integrazione a 500.000 migranti. Ma se se ne aggiungono molti altri, dovremo rivedere i nostri servizi”, tra cui quelli sanitari e scolastici.
In poche parole, “cambia la nostra morfologia- afferma Zaia- diventiamo una comunità multietnica, con esigenze multietniche. E rischiamo di mettere all’angolo la comunità residente. Non è un discorso razzista, ma di programmazione. Se fossimo un’azienda dovremmo capire cosa fare da qui ai prossimi anni in base a come cambia il parterre nei nostri clienti”. Uno dei primi obiettivi, secondo il presidente del Veneto, ad esempio è “salvaguardare l’occupazione della popolazione residente. Non possiamo ‘switchare’ i residenti con quelli che vengono da fuori. Perchè i residenti hanno un progetto di vita, costi diversi, hanno una famiglia e dei figli. È diverso rispetto al 30enne che arriva a Lampedusa solo per lavorare”.
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