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Salesiani e Inter in campo coi bambini palestinesi: il pallone come scuola di fiducia

MondoSalesiani e Inter in campo coi bambini palestinesi: il pallone come scuola di fiducia

Foto dal profilo Facebook di Vis

ROMA – “In Palestina molti bambini hanno paura degli adulti e questa è una grande sconfitta, ma per le organizzazioni come la nostra rappresenta la sfida principale: da un lato interveniamo per migliorare l’istruzione, dall’altro offriamo attività ludico-ricreative come il recente ‘Inter Campus’ che ha permesso a 70 bambine e bambini di giocare a calcio guidati dagli allenatori locali e dell’Inter Campus, recuperando fiducia e costruire una vita migliore”. Luigi Bisceglia è il coordinatore programmi per il Medio Oriente di Vis – Volontariato internazionale per lo sviluppo. Con l’agenzia Dire parla da Betlemme, da dove segue i diversi progetti rivolti all’infanzia, mostrando foto di bambini sorridenti con indosso la maglia nero-azzurra del club italiano.

“IL CONFLITTO IN CORSO PESA SUI MINORI”

Una doppia azione che consiste nel “rendere le scuole più confortevoli e a misura di bambino. Spesso mancano i bagni, le aree gioco, le recinzioni esterne”, perché qui le strutture “vengono edificate in fretta e con pochi fondi”. Una situazione che si osserva in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme est, perché “nei Territori palestinesi il conflitto non si è mai esaurito, che si consideri la data del 1948, del 1967 o gli altri conflitti più recenti. Non si può ancora parlare di ‘post-trauma’ per bambini che assistono quotidianamente alle violenze“. Monitorare e quindi intervenire a sostegno del loro benessere psicofisico “è fondamentale” continua Bisceglia, “e lo facciamo con le attività extra-scolastiche che offriamo. Il calcio ad esempio, oltre a trasmettere i valori dello sport come la determinazione, il rispetto dell’altro e il gioco di squadra, ci permette di indagare le risorse e le vulnerabilità dei partecipanti”.

Non ultimo, Inter Campus, iniziativa sociale della squadra, “tiene i bambini impegnati e lontani dalle violenze da parte dei coloni israeliani o dell’esercito israeliano, frequenti nell’area in cui organizziamo questo progetto, nei pressi di Dura e Masafer Yatta” dice Bisceglia. “Il fatto che le forze israeliane siano presenti nella cosiddetta ‘Area C’, pari al 63% della Cisgiordania, non aiuta”.

LE QUESTIONE DI MASAFER YATTA E L’APPELLO DEL PARLAMENTO UE A COLLOQUI DI PACE

In particolare, la terza edizione dell’Inter Campus è coincisa con un altro evento. “A luglio- informa Bisceglia- il distretto di Masafer Yatta, a sud di Hebron, è stato proclamato area militare da parte di Israele e a questo sono seguite ordinanze di abbattimento emesse dai tribunali israeliani di diverse case e della scuola, portate a termine proprio in questi giorni”. Sull’abbattimento della scuola il 23 novembre scorso, realizzata anche con fondi italiani, è intervenuto Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell, che in una nota ha scritto: “Condanniamo l’azione“. “Le demolizioni sono illegali ai sensi del diritto internazionale”, secondo Stano, che ha denunciato che “1.200 palestinesi a Masafer Yatta rimangono a rischio di trasferimento forzato“.

Più in generale, il Parlamento europeo ha votato una risoluzione con cui proporre colloqui di pace “per porre fine al protrarsi del conflitto israelo-palestinese e all’occupazione dei territori palestinesi“, ha condannato gli “insediamenti illegali israeliani” e ha riconosciuto “il diritto di Israele di contrastare gli atti di violenza e proteggere la sua popolazione civile”. L’ultimo in ordine di tempo risale a fine novembre, quando due esplosioni a Gerusalemme hanno causato la morte di due israeliani: un ragazzo di 15 anni e un uomo di 52.

BISCEGLIA: “DEMOLIRE LE SCUOLE È UNA PRATICA PREOCCUPANTE”

Intanto a Masafer Yatta, un tribunale ha disposto l’abbatimento di una seconda scuola. “Questa pratica ci preoccupa” dice Bisceglia, “e ci coglie impreparati. A chi sostiene che una scuola non dovrebbe trovarsi su territorio militare, suggerisco di chiedersi perché sia stata proclamata un’area militare dove abitano dei civili. Come afferma la dichiarazione Onu sull’Infanzia, il diritto allo studio va garantito dagli zero ai 18 anni, che si tratti di palestinesi, afghani, siriani o ucraini“.

Tensioni di lungo corso che si starebbero concentrando anche nelle zone a nord della Cisgiordania, in particolare Nablus e Jenin, con scontri e morti quasi quotidione tra la popolazione civile, in particolare giovani. “L11 maggio scorso l’uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh (che un’inchiesta dell’Onu ha attibuito a militari israeliani, ndr) è uno spartiacque” dice il coordinatore. “Si sono formati nuovi gruppi di resistenza palestinese, armati e non, che sfuggono anche al controllo dell’Autorità nazionale palestinese. Il fatto che alle ultime elezioni in Israele abbiano vinto anche partiti più a destra del Likud di Benjamin Netanyahu preoccupa ancora di più”.

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