Entro venerdi probabile incarico Meloni, domenica giuramento e fiducia prossima settimana
Roma, 19 ott. (askanews) – Prendono il via domani le consultazioni di Sergio Mattarella per la formazione del nuovo governo, con la coalizione del centrodestra vittoriosa alle elezioni unita e guidata da Giorgia Meloni, probabile premier incaricata. Alle 10 al Colle Mattarella, dopo aver sentito telefonicamente l’ex presidente Giorgio Napolitano, riceverà i neo presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana e poi avvierà gli incontri con le forze politiche che termineranno venerdì mattina alle 10.30, quando il capo dello Stato vedrà l’intera coalizione di centrodestra. Nei giorni scorsi, per le frizioni all’interno dello schieramento vincitore delle elezioni, si era ipotizzata la possibilità che il centrodestra si presentasse diviso davanti Mattarella. Così non è stato. E Mattarella può procedere spedito nel suo lavoro. Al termine del colloquio di venerdì mattina con lo schieramento di centrodestra Mattarella dovrebbe dare l’incarico a Giorgia Meloni (che come da prassi accetterebbe con riserva), alla guida della formazione teoricamente in grado di sostenere in Parlamento il nuovo esecutivo. A questo punto bisognerà capire il tempo che Meloni si prenderà per svolgere le sue consultazioni, che potrebbero durare – se gli accordi nello schieramento reggono e se ci sarà condivisione sul nome dei ministri – anche poche ore, una giornata al massimo. Al termine delle quali, potremmo essere a sabato 22, il premier incaricato salirebbe al Quirinale per sciogliere la riserva e consegnare la lista dei ministri. Se ciò dovesse accadere nella mattinata di sabato non è escluso che il giuramento del nuovo esecutivo possa aversi nel tardo pomeriggio di sabato stesso (non sarebbe la prima volta che accade nello stesso giorno). Se la salita al Colle del premier incaricato dovesse essere nel pomeriggio di sabato con ogni probabilità il giuramento potrebbe tenersi domenica 23. Con conseguente passaggio a Palazzo Chigi per il passaggio della campanella con il presidente del Consiglio uscente Mario Draghi, nel frattempo rientrato dal vertice europeo di Bruxelles. Questo calendario fa intendere che la settimana successiva, da lunedì 24 in poi e per un tempo non superiore ai dieci giorni, ci sarà il voto di fiducia da parte delle Camere. Martedì a Montecitorio e mercoledì a palazzo Madama della prossima settimana le date più accreditate in Parlamento. Il presidente della Repubblica, ai sensi dell’art. 92 della Costituzione, nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio. Questo ricorda che il capo dello Stato ha un ruolo ben preciso, non esclusivamente notarile, nella composizione dell’esecutivo. Sono di questi giorni le polemiche all’interno della maggioranza, che non coinvolgono in alcun modo il Quirinale, sulla scelta di alcuni ministri, a cominciare da quello della Giustizia. E’ bene ricordare che in passato il presidente della Repubblica è intervenuto con uno stop all’indicazione arrivata dal neo premier. Uno stop, su cinque iniziative del Quirinale, che ha riguardato per ben tre volte il ministro della Giustizia (o di Grazia e Giustizia come prima si definiva). Nel 1994, Silvio Berlusconi propose Cesare Previti per via Arenula ma il presidente Oscar Luigi Scalfaro pose il suo veto, non considenado opportune frasi del tipo “non faremo prigionieri”. Nel 2001, secondo governo Berlusconi, venne proposto come Guardasigilli Roberto Maroni ma Carlo Azeglio Ciampi disse no, alla luce del coinvolgimento dell’esponente leghista in resistenza a pubblico ufficiale durante una operazione di polizia a Milano in via Bellerio, sede della Lega. Infine del 2014 il capo dello Stato Giorgio Napolitano disse no alla proposta di Matteo Renzi di nominare il magistrato Nicola Gratteri ministro della Giustizia, sostenendo che regola non scritta vuole che a via Arenaula non possa andare un magistrato in attività. Gli altri due casi di stop del Colle a ministri indicati dal presidente del Consiglio furono nel 1979, quando Sandro Pertini disse no a Francesco Cossiga per Clelio Darida a ministro della Difesa, e nel 2018 quando Sergio Mattarella bloccò la nomina dell’euroscettico e antieuro Paolo Savona a ministro del Tesoro nel primo governo Conte. continua a leggere sul sito di riferimento