Foto dal profilo Facebook dell’Afghan Center dell’Università di Kabul
ROMA – “Siamo in piazza per i nostri diritti, per la giustizia, l’uguaglianza e per rivendicare la presenza delle donne nella società e nella politica. Il nostro appello è per la riapertura delle scuole e delle università per le donne, contro la violenza a cui siamo sottoposte. Non ci fermeremo fino a che non otterremo quello che ci meritiamo e siamo disposte a lottare contro i talebani”. Laila Basim è un’economista e una delle leader della protesta in corso in Afghanistan contro la decisione dei talebani di vietare alle donne l’accesso a tutte le università del Paese, pubbliche e private, resa ufficiale in settimana con un’ordinanza inviata dal ministero dell’Istruzione superiore a gli atenei del Paese.
Con l’agenzia Dire parla da Kabul, nel pieno di una giornata di mobilitazione che, riferisce, “si è svolta nella capitale ma anche nelle province di Herat, Balkh e Takhar”. Stando a quanto riporta Basim, a Kabul “sono state arrestate sei dimostranti, fra le quali anche mia nipote”.
Il provvedimento del governo a guida talebana è solo l’ultima di una serie di limitazioni imposte alle donne del Paese. Nel settembre 2021, un mese dopo la presa del potere, l’esecutivo ha imposto il divieto di frequentare le scuole a tutte le studentesse dal sesto grado in poi, l’equivalente della nostra prima media.
UN ANNO E MEZZO DI LOTTE
“Sono stati un anno e sei mesi di lotte, per i diritti umani e in modo particolare per quelli delle donne”, scandisce Basim, fra le guide di “un movimento composto da più di 100 attiviste”. Alle dimostranti scese in strada oggi si sono uniti in questi giorni anche molti colleghi uomini di diversi atenei del Paese, che hanno deciso di far sentire il loro sostegno dimettendosi da incarichi presso le università o lasciando le aule durante gli esami, come mostrato da diversi video circolati online.
LA MISOGINIA DEI TALEBANI
La mobilitazione è molto attiva sui social. Su Twitter è stato anche coniato l’hasthag #LetHerLearn, letteralmente “lasciate che possano studiare”. Anche Basim ha pubblicato alcuni video delle manifestazione e degli arresti di oggi. “I talebani hanno sempre soppresso le nostre proteste. In più di un anno siamo state oggetto di pestaggi, fustigazioni e arresti”, aggiunge l’attivista. “Purtroppo l’ideologia dei talebani è fortemente misogina e non accetta neanche l’idea della presenza delle donne nella società, in nessuna circostanza”.
L’APPELLO ALLA STAMPA
L’economista lancia quindi un appello alla stampa internazionale: “Scrivete delle deprivazioni e delle violenze a cui siamo sottoposte, ma anche del fatto che il mondo ha dimenticato il popolo e le donne afghane. Scrivete- incalza Basim- della morte di persone oppresse, di una guerra asimmetrica. E infine scrivete del tradimento degli Stati Uniti e della comunità internazionale”.
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