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L’Archivio di Stato di Napoli apre le sue porte a Picasso con una mostra immersiva

AttualitàL’Archivio di Stato di Napoli apre le sue porte a Picasso con una mostra immersiva

L’Archivio di Stato di Napoli, fondato nel 1808, è sempre stato considerato un luogo chiuso, destinato esclusivamente alla conservazione, tutela e promozione del patrimonio documentario. I cittadini e gli studiosi tendevano a recarsi in questo magnifico edificio, solo per compiere i propri studi e le proprie ricerche.

Ma negli ultimi anni, l’Archivio ha cambiato rotta, divenendo progressivamente un contenitore culturale a trecentosessanta gradi.

In questo nuovo contesto si inserisce la mostra “Pasíon Picasso 1953-1973-2023. Quando lItalia imparò a osservare il mondo in modo diverso”.

La mostra, nell’anno che celebra il cinquantesimo anniversario della morte del grande maestro spagnolo, avvenuta nel 1973, ricrea virtualmente nel chiostro del Platano dell’Archivio di Stato, due delle più grandi ma controverse mostre italiane a Picasso, tenutesi nel 1953, una presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma e l’altra al Palazzo Reale a Milano.

Queste furono le prime monografiche ufficiali in Italia dedicate all’artista e suscitarono scontri al vetriolo tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, partiti che diedero vita intorno all’evento a una querelle politica.

I conservatori additavano le esposizioni del ‘53 come politicamente scorrette e preferirono organizzare in parallelo una mostra di Salvator Dalí, quella che secondo Ungaretti “puzzava di morto”, come si evince dalle parole rivolte da quest’ultimo al amico Leone Piccioni: «C’è Dalí a Roma…Dicono che l’esposizione sia stata fatta per servire da contraltare pittorico a quella di Picasso. Puzza di morto da un miglio».

L’Archivio di Stato di Napoli è depositario di un fondo del senatore Eugenio Reale che ha conservato i documenti riguardanti l’affaire politico scoppiato nel 1953 e i documenti preparatori della mostra in se, offrendo una testimonianza preziosa del clima di quei giorni concitati.

Nasce così una esposizione documentaria allestita nei quattro bracci del suggestivo chiostro del Platano, arricchita dalle proiezioni digitali, dalla tecnologia di realtà virtuale ed effetti sonori, che consentono di immergersi completamente nelle opere d’arte di Picasso nel cuore di Napoli. Tra le 39 opere virtuali da ammirare, ci sono alcuni capolavori come “Guernica”, “La Guerra e La Pace”, “Massacro in Corea” e tanti altri quadri provenienti dai più importanti musei internazionali.

L’appuntamento, frutto dell’alleanza tra l’Italia e la Spagna e delle loro articolazioni culturali nel nome di Picasso, inserito nel grande progetto congiunto della Commissione Bi-nazionale Spagna e Francia “Picasso Celebration 1973-2023”, è sostenuto dalla Regione Campania nell’ambito del POC 2014-2020.

“La mostra – spiega l’Ambasciatore di Spagna in Italia, Miguel Fernández-Palacios – è un grande omaggio al pittore spagnolo e ci riporta indietro nel tempo, al 1953, quando l’Italia, uscita dalla guerra, iniziò a guardare il mondo e l’arte con occhi attenti agli artisti stranieri. Attraverso corrispondenze, articoli di giornale, fotografie, cataloghi, cartoline esploreremo le grandi retrospettive italiane dedicate a Picasso in quest’anno fatidico. In particolare voglio sottolineare il ruolo fondamentale svolto dal senatore napoletano Eugenio Reale, intellettuale attento e sensibile”.

«Si era deciso di organizzare una mostra a Roma e una a Milano – spiega la direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, Candida Carrino – ma le forze politiche della DC e del PC vedevano l’iniziativa come un’occasione per poter spostare i voti. Temevano che la mostra potesse avere un riflesso sulle elezioni. La posizione di Picasso d’altra parte era molto forte. Nel ‘53 non c’erano ancora i potenti mezzi di comunicazione di massa di oggi e le opere d’arte, si pensi a Guernica, permettevano quasi di toccare con mano i disastri della guerra».

Il senatore Reale si trovò a dover contrastare due forze: da un lato, la cultura conservatrice che considerava l’arte picassiana ambasciatrice di messaggi comunisti, suggestionanti per il popolo; dall’altro Picasso, furente a causa di tutte queste strumentalizzazioni della sua pittura.

L’Archivio di Eugenio Reale conserva le testimonianze di questa storia quasi paradossale conclusasi con la vittoria di due donne che riuscirono a realizzare le mostre nonostante gli ostacoli: «Fu Palma Bucarelli, nel 1953, a volere fortemente la mostra di Roma e Fernanda Wittgens fece lo stesso a Milano – continua Carrino – In occasione del cinquantenario abbiamo deciso di esporre queste carte al pubblico, anche per avvicinare i giovani a conoscere, magari in un secondo momento, i capolavori originali. Ma una mostra documentale non ha un impatto forte e immediato. Quindi abbiamo pensato di recuperare i diritti e le riproduzioni dei quadri che erano esposti nel ‘53. Ne è nata una mostra immersiva. Abbiamo fatto un grande lavoro filologico, ma con un linguaggio moderno. Prevediamo di avere un grosso afflusso».

Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, presente all’inaugurazione ha sottolineato che: «È un progetto molto importante perché da una nuova funzione a un luogo molto significativo quale l’Archivio di Stato. Un luogo immaginato come polveroso e un po’ vecchio, invece realizza una mostra significativa ma anche una rappresentazione molto innovativa del rapporto tra Picasso e il mondo culturale italiano. Una mostra di grande impatto, molto interessante, che aiuterà i tanti napoletani e i tanti cultrusiti a conoscere meglio questo luogo così importante. Noi stiamo molto promuovendo promuovendo il turismo culturale perché Napoli è la città ideale per il turismo culturale».

La mostra aperta al pubblico fino al 14 gennaio è gratuita, tranne per la sezione di approfondimento realizzata in realtà virtuale.

Adriana Talia

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