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Il sacrosanto diritto (dovere) di dire la verità

EconomiaIl sacrosanto diritto (dovere) di dire la verità

La partita Napoli-Cremonese di Coppa Italia ha destabilizzato non poco i tifosi azzurri, che hanno visto la propria squadra, dominante in Italia e in Europa, soccombere ai rigori contro il fanalino di coda della Serie A. Succede nello sport, nel calcio in particolar modo, che in una sfida tra Davide e Golia, i pronostici vengano sovvertiti.

Gli strascichi più collosi dell’incontro, però, non hanno riguardato il calcio giocato bensì la direzione di gara dell’arbitra Maria Sole Ferrieri Caputi, che ha guidato, per la prima volta nella storia per quanto concerne due squadre della massima serie, una terna arbitrale tutta al femminile, con le assistenti Tiziana Trasciatti e Francesca Di Monte.

La condotta della Ferrieri Caputi non ha convinto la maggioranza degli addetti ai lavori, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. L’arbitra ha, oggettivamente, offerto una prestazione al di sotto delle aspettative, a tratti imbarazzante, non solo per il mancato rigore su Gaetano ma per la gestione scriteriata degli interventi dell’esterno dei grigiorossi Sernicola. Il 17 della Cremo, infatti, prima entra con il piede a martello sulla coscia di Juan Jesus (fallo da rosso che non viene sanzionato nemmeno con un’ammonizione) poi trancia le gambe del malcapitato Zerbin con un intervento a forbice horror (anche qui doveva esserci l’espulsione ma il calciatore non è stato ammonito), infine si fa cacciare per due falli “normali”; bisogna dire che, nella serata di martedì, anche l’addetto al VAR Marini non ha aiutato l’arbitra.

In linea di massima, oltre questi episodi, sin dai primi minuti di gioco, la Ferrieri Caputi si è smarrita, perdendo totalmente le redini della gara sotto il peso dei riflettori e della responsabilità. È perdonata, una giornata no può capitare a tutti.

Peggiore della direzione della nativa di Livorno sono stati i commenti che ne sono seguiti, suddivisi tra coloro che sottolineavano la prestazione terribile dell’arbitro donna Ferrieri Caputi, come se volessero lasciare intendere che il sesso dell’arbitra fosse la causa dei mali, e coloro che, invece, hanno difeso a spada tratta il lavoro della livornese per partito preso, per tutelare, in modo del tutto erroneo e sconclusionato, il passo in avanti fatto dal calcio italiano relativamente al tema, distorcendo la realtà e patrocinando l’insostenibile.

Cosa resta della prima direzione tutta al femminile di due squadre di Serie A? Così come la Ferrieri Caputi dovrà farsi le ossa nelle serie minori (è giovanissima, ha tutto il tempo per farlo), per presentarsi in grande stile al prossimo palcoscenico importante, allo stesso modo il calcio, e i suoi addetti ai lavori di ogni categoria e grado, dovranno evolversi e staccarsi dall’ipocrisia, di qualunque genere essa sia.

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

Ciro Cuccurullo

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