Foto dal profilo Twitter di Nicolás Maduro
ROMA – L’accordo fra il governo e le opposizioni del Venezuela lascia spazi a “dubbi sulla sua attuazione” e a “timori su un’eventuale manipolazione politica in vista delle elezioni del 2024, tanto da parte dell’esecutivo che dell’opposizione”. Ad alimentare speranza è però “il ruolo che può giocare la Colombia del presidente Gustavo Petro, che già si sta impegnando nel facilitare il reinserimento del nostro Paese nel sistema internazionale e multilaterale”. L’analisi è del blogger e giornalista venezuelano Jhoandry Suárez, che parla proprio dalla vicina Colombia, dove vivono oltre 2,3 milioni di suoi connazionali.
L’agenzia Dire parla al telefono con il cronista, fra i redattori della piattaforma di notizie ‘Venezuela al minuto’, dopo la firma del “secondo accordo parziale per la protezione del popolo venezuelano” fra una delegazione dell’esecutivo e una della Plataforma Unitaria Democrática che riunisce le opposizioni. La cerimonia si è svolta a Città del Messico con la mediazione della Norvegia e del Messico padrone di casa.
Il punto centrale dell’intesa, che prende le mosse dai presupposti di un precedente memorandum firmato dalle parti sempre in Messico nel settembre 2021, prevede la creazione di un fondo che accoglierà tre miliardi di dollari dal progressivo scongelamento delle risorse venezuelane nel sistema finanziario internazionale, bloccate almeno dal 2018. Stando al contenuto del documento, le risorse, che dovranno essere gestite con le Nazioni Unite, saranno destinate a interventi in quattro settori prioritari: sostegno alla sanità pubblica, ristabilmento del sistema elettrico nazionale, ampliamento delle operazioni del Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) e recupero dalle conseguenze delle inondazioni che si sono abbattute sul Paese.
‘Manca la trasparenza’
“Il problema di questo patto è la trasparenza”, premette Suárez. “Non è chiaro come verrà gestito il denaro che dovrebbe essere messo a disposizione grazie all’accordo e non è chiaro come funzionerà il meccanismo di implementazione, per quanto si parli di una partecipazione dell’Onu”. Il risultato “è la mancanza di fiducia verso entrambe le parti, perché sia il governo del presidente Nicolas Maduro che l’esecutivo provvisorio guidato dal leader dell’opposizione ed ex presidente dell’Assemblea nazionale Juan Guaidó”, riconosciuto solo da una parte della comunità internazionale, “sono stati accusati di malversazioni di fondi in passato”.
Il giornalista, che ha anche un suo blog personale, ‘El que piensa con los dedos’, prosegue: “Se le risorse coinvolte nell’accordo dovessero essere usate per migliorare le condizioni dei malati di malattie croniche e per risistemare il nostro sistema elettrico penso che qualche miglioramento potrebbe esserci. Il grosso rischio però è che questo traguardo venga usato a fini elettorali in vista delle presidenziali del 2024 e ancor prima delle primarie delle opposizioni”.
Altre consultazioni, quelle del 2018, vinte da Maduro fra le proteste e il mancato riconoscimento internazionale, giocarono un ruolo fondamentale nelll’apertura della fase acuta della crisi politica venezuelana, che culminò nella nomina di Guaidó a presidente provvisorio, illeggitima secondo il governo di Maduro. L’intesa di Città del Messico sembra aprire una fase nuova, ma è sbagliato parlare di “riconciliazione”, secondo Suárez. “Questo processo lo vedo ancora molto lontano, troppi i temi che non sono stati discussi, come la sorte dei prigionieri politici e l’organizzazione trasparente di elezioni”.
La diaspora in Colombia
Suárez guarda al Paese natale dalla vicina Colombia, dove vivono 2,3 milioni di venezuelani, che potrebbero essere più di tre contando gli irregolari, secondo quanto stima il governo. Tanti sono fuggiti dal Paese negli ultimi cinque anni, a causa della crisi politica e di quella economica: in Venezuela, secondo i numeri dell’Universidad Católica Andrés Bello di Caracas, il 53 per cento della popolazione vive in povertà estrema e circa l’80 per cento sotto la soglia di povertà. “La diaspora venezuelana non crede molto a questi accordi” commenta Suárez. “Processi analoghi, come quello dell’anno scorso sempre in Messico, sono finiti in un nulla di fatto”.
A cambiare stavolta potrebbe essere il contributo del contesto internazionale. “Gli Stati Uniti si sono dimostrati più vicini, e poi c’è la Colombia di Petro che può dire la sua: il leader di Bogotà vuole essere un riferimento a livello regionale e uno dei punti centrali potrebbe essere proprio favorire il dialogo venezuelano”, dice il cronista. Dopo l’intesa di Città del Messico Washington ha ordinato la ripresa delle operazioni in Venezuela della società petrolifera nordamericana Chevron, pur mantenendo il grosso delle sanzioni nei confronti della compagnia statale Pdvsa e del governo. Colombia e Venezuela sono invece nel pieno di un riavvicinamento diplomatico, suggellato nei mesi scorsi dalla riapertura dei voli commerciali fra Bogotà e Caracas e dei 2mila chilometri di confine che dividono i due Paesi, che erano chiusi dal 2015.
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