(Adnkronos) – “Il Covid è stato un vero e proprio disastro per il settore del fitness, ma nel 2022 i club hanno ripreso, recuperando quello che era stato perso. E nel 2023 c’è stato il recupero sia in termini di numero di clienti che di fatturato. Considerando che l’attività sportiva in palestra è strettamente stagionale, settembre-agosto, anche se siamo solo all’inizio la sensazione è molto positiva e con la speranza che ‘non rompano le scatole con il Covid’”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Paolo Menconi, presidente di Ifo – International fitness observatory.
“Sia i gestori delle palestre che le persone-iscritti – sottolinea – non vogliono più sentire parlare di Covid, ci si vuole allenare senza usufruire delle app, ma andando in palestra allenandosi all’aperto. Molti iscritti pensano che nessuno può sostituire un istruttore in carne e ossa, la gente vuole il contatto fisico e la socializzazione che un’app a casa non può certo offrire”.
“Assistiamo infatti a un aumento – fa notare – dell’interesse dell’outdoor cioè un allenamento sempre guidato da un istruttore della palestra, però in un ambiente esterno la mattina e la sera. Questo è un servizio in più che i club, prima del Covid, non era così emerso chiaramente”.
Riferendosi poi alla riforma dello sport dice: “I club stanno patendo molto la riforma del lavoro nel settore sportivo. Se lo Stato volesse incentivare al movimento, dovrebbe evitare di andare in un ecosistema che viene da 2 anni di grandi difficoltà, appesantendo in modo così sensibile il costo di gestione”.
“C’erano – spiega – tutta una serie di agevolazioni che sono saltate, con la conseguenza che il costo del personale che collabora con le strutture è molto più alto di prima. Personale costituito per la maggior parte da giovani che non sempre possono farsi carico dei costi in più e che magari preferiscono scegliere di andare a fare il barista e part time l’istruttore privato”.
“La conseguenza – avverte Menconi – è un abbassamento della professionalità perché i club prenderanno dei giovanissimi a costi bassi. Stiamo dunque parlando di una riforma molto azzardata che non era il momento di attuare in questo momento”.