Da Chiara Valerio il libro più bello di questo 2022
Milano, 19 dic. (askanews) – Le classifiche e i premi, si sa, lasciano il tempo che trovano. Ma in certi momenti e in certi casi è giusto provare a scommettere su una lettura o un’interpretazione, anche solo per il gusto del dibattito che ne può seguire. Così per il 2022 è bello poter scrivere che il libro dell’anno è un romanzo, per di più italiano, capace di fare cose che appartengono poco o niente alla nostra tradizionale idea delle lettere: “Così per sempre” di Chiara Valerio (Einaudi). Un’opera che restituisce speranza a tutto un movimento e di cui ci piace tornare a scrivere nel momento in cui si prova a tracciare una sorta di bilancio, sempre provvisorio, ovviamente di questo anno che va a chiudersi.
“La bellezza non è mai consolante. La consolazione della bellezza è un’invenzione”. Lo leggiamo a pagina 350 del romanzo, storia che attraversa il tempo e lo spazio e ha per protagonista l’immortale Giacomo Koch, che in un altro tempo era chiamato Conte Dracula, e ora vive a Roma, in un attico che si affaccia su Largo di Torre Argentina. Ma stavamo parlando della bellezza, e dell’invenzione delle sua capacità consolatorie, e vorremmo provare a ribaltare il ragionamento: certamente anche la letteratura è un’invenzione, anzi, per dirlo ancora in modo più chiaro, è finzione, è una messa in scena. Che però, quando è buona letteratura, diventa ovviamente più distinguibile della realtà stessa, lo sappiamo, diventa più “vera”, come ci hanno insegnato i critici migliori e penso per esempio ad Alfonso Berardinelli (che scriveva “non rincoraggiate il romanzo”, e spesso ha ragione, ma in questo caso è stato bellissimo essere sorpresi), di ciò che siamo soliti chiamare “realtà”. Pertanto, in questa prospettiva, anche l’invenzione della consolazione che deriva dalla bellezza – la bellezza totalizzante di questo romanzo di Chiara Valerio – diventa, pagina dopo pagina, tangibile, evidente, a un certo punto così forte da essere struggente. Forse “consolazione struggente” può suonare come un ossimoro, ma non importa. Stiamo parlando di un libro nel quale ci si perde, guardando le alghe sulle fondamenta di Venezia o pensando a un’idea matematica che è “una specie di anfibio tra essere e non essere, chiamato radice immaginaria”, un libro che fa cose che nelle letteratura italiana nessuno aveva mai fatto, e lo fa con una tale grazia nevrotica che lascia aperta ogni possibilità. Al romanzo e a noi che lo leggiamo. Già questo potrebbe bastare per gridare al miracolo.
“Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi” è il titolo, decisamente riuscito, della biografia di David Foster Wallace redatta da D.T. Max. Ho già scritto troppe volte che Chiara Valerio somiglia per molti aspetti allo scrittore americano – per passioni, brillantezza, intelligenza mobile – ed è quasi banale parafrasare quel titolo in “ogni storia d’amore è una storia di vampiri”. Ma poi, a essere onesti, possiamo usare ancora di più il rasoio (di Ockham) per arrivare a dire che ogni storia è semplicemente una storia d’amore. E’ così per Giacomo e per Mina Harker, la sua “amata immortale”, e per le altre forme che nel romanzo assume, come quella, straordinaria della 40enne Cecilia Lauro. Ed è così, in quelle che sono forse in assoluto le pagine più belle, per Mina e Agnese, quest’ultima amata mortale, nelle notti e nei giorni di una Venezia densa e incurabile (quindi meravigliosa) come forse nemmeno Brodskij era riuscito a rendere così viva. Attenzione però: intorno a queste storie d’amore c’è un libro che pensa come un universo, che usa il cervello della sua autrice come un coltello, che gioca con la letteratura sapendo bene che l’unico modo per farlo seriamente è quello di apparire leggeri, frivoli, scanzonati. Una qualità – una manifestazione di intelligenza letteraria, per dirlo meglio – che tra gli scrittori italiani non è poi così diffusa, ahinoi. In questo senso, altro miracolo, “Così per sempre” è una risposta alla previsione di Jonathan Franzen, vecchia ormai di quasi 10 anni, sul fatto che il rivale del romanzo sono (oggi è così) le serie tv, con il loro ritmo, la loro estetica apparentemente radicale, la loro capacità narrativa avvolgente. Il libro di Chiara Valerio ha la forza e la contemporaneità per vincere la propria partita, e non con cose horror o del mistero, sarebbe fin troppo facile, ma pure con oggetti culturali disturbanti, divertenti e brillanti come, per esempio, “Fleabag” o “The End of the F***ing World”. E ovviamente con la tradizione storica del romanzo d’avventura, ma questo sembra quasi eccessivamente scontato per sottolinearlo ancora.
Giacomo, Mina, Luisa, Agnese, Cecilia, Ion. Il gatto Zibetto, eterno e capace di camminare in verticale sui muri. I personaggi indimenticabili sono tanti e volte la trama si intreccia – nello spazio-tempo della narrazione – fino a ingarbugliarsi. Ma sono pause che non vanno a compromettere l’architettura complessiva e che lasciano il campo, questo sì, a un racconto degli spazi, oltre che delle persone, che ha qualcosa di stupefacente, qualcosa di Italo Calvino e delle sue passioni architettoniche immaginarie (provate a pensare a Dracula che vive dentro le Città invisibili, per dire). Torniamo sempre qui, al tema della vita immaginata, che poi è quella che prende forma nella letteratura e che da lì, da quell’idea platonica, modella la nostra di vita. Fuori dai libri, sempre ammesso che per un romanzo come “Così per sempre” esista un “fuori”. A questa domanda perfino Giacomo Koch, che tutto vede e tutto ha vissuto, potrebbe fare fatica a rispondere.
A questo punto servirebbe una postilla, servirebbero due parole su Chiara Valerio e sul fastidio che la sua persona e il suo lavoro a volte suscita in molti presunti depositari della “cultura”. Ma è un argomento talmente poco interessante, a fronte della forza del lavoro della scrittrice, a fronte della sua intelligenza (e sensibilità) sempre imprevedibile, che va benissimo così. Basta leggerla, conta leggerla. Il resto è contorno.
(Leonardo Merlini)