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Alla Biennale di Venezia anche il Padiglione del Grenada

AttualitàAlla Biennale di Venezia anche il Padiglione del Grenada

Con il progetto “No man is an island”

Roma, 16 apr. (askanews) – Manca poco all’inaugurazione di una delle manifestazioni d’arte più attese e prestigiose d’Italia: la 60° Biennale di Venezia, che aprirà i battenti a partire dal 20 aprile fino al 24 novembre. Il titolo di questa edizione “Stranieri Ovunque” – “Foreigners Everywhere” sottolinea una poetica contraria a razzismo e xenofobia.

La Biennale quest’anno avrà la partecipazione di 88 Stati esteri articolati nei Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Tra questi riconferma la sua presenza il Grenada, isola nel mar dei Caraibi conquistata in origine dai francesi con uno sterminio degli indigeni e passata poi, storicamente, sotto dominio inglese. Il progetto espositivo, curato da Daniele Radini Tedeschi, si intitola “No man is an island” traendo spunto dai versi del poeta John Donne.

L’intenzione curatoriale è quella di dare un volto collettivo all’umanità – senza divisioni o separazioni – a tal punto che la morte di un uomo diventa lutto interiore di ognuno. Gli artisti in mostra, alcuni originari del luogo e altri internazionali, si sono ispirati anche al pensiero dello scrittore martinicano Édouard Glissant che sottolinea quanto ogni popolo non debba avere una identità fissa bensì aprirsi all’ascolto, attraverso il dialogo e lo scambio reciproco. Combattere divisioni, totalitarismi di qualsiasi natura si fa sempre più urgente in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo, in un momento storico in cui il numero di migranti forzati ha toccato le massime vette. Migrazione, decolonizzazione, trans-culturalità saranno i filoni espressivi di ogni autore in mostra, considerando inoltre quanto i Caraibi, di cui il Grenada fa parte, siano attualmente osservatorio significativo di influssi culturali diversi per la presenza di amerindi, africani, europei e indiani; terra che si pone, in assoluto, come luogo di incontro, relazione e passaggio verso il continente americano.

Jason deCaires Taylor è autore di sculture “sottomarine” abbandonate nei fondali oceanici, alterate nel tempo da una variopinta fauna sommersa, che rappresentano una fusione tra essere uomo e essere mondo, dove i riflessi della figura sulla superficie danno la visione di una sagoma cangiante e ogni volta nuova. Una ricerca invece concentrata sul linguaggio è propria di Lorenzo Marini, artista italiano che ragiona su quanto i sistemi linguistici, rappresentati da lettere su tela, possano influire nei rapporti umani creando gorghi e separazioni. Gabriele Maquignaz mette in scena sulla tela un’esplosione mistica e spirituale che apre a una possibilità di salvezza. Suelin Low Chew Tung invece si concentra sui mutamenti del proprio corpo colpito da una grave malattia che, se da un lato genera quasi un senso di estraneità, dall’altro determina “un’etica di complicità” verso l’esterno. E ancora Antonello Diodato Guardigli (ADGART), con un gigantesco catasto di detriti e macerie, pone lo spettatore dinnanzi alle conseguenze di ogni guerra.

Benaiah Matheson torna sui rapporti tra due culture, da lei vissute, che interessano luoghi profondamente diversi: Carriacou (isola sorella del Grenada) e Huddersfield (Regno Unito). Nello Petrucci mette in scena, con una grande scultura in vetro, l’abisso interiore di un uomo clownésco, portavoce di un pensiero totalizzante. Frederika Adam e Alma Fakhre, al contrario, prospettano un universo mistico, in equilibrio; in particolare la prima lo fa con fotografie aventi a soggetto l’ecosistema, come a ricordare che il genere umano non custodisca in sé il principio di esclusività, mentre l’artista Fakhre mostra attraverso fotografia e pittura uno studio che rimanda al concetto di comunità e unicità al contempo.

Con Breakfast invece arte cinetica e uomo si rapportano: esperienze interattive tra macchina e visitatore registrano brevi interazioni di ogni individuo a contatto con il monitor generando una memoria dell’opera d’arte collettiva e non più individuale. The Perceptive Group si presenta come un collettivo di artisti, alcuni residenti in Grenada mentre altri internazionali – Bollani, Feofeo, Carlo Ciucchi Picchio, Fiorangela Filippini, Gina Marziale, Silvana Mascioli, Luca Ripamonti, Michele Rosa, Salvatore Scaramozzino, Emilio Sgorbati, Fedora Spinelli- orientati a una ricerca pittorica, scultorea, fotografica, proiettata nel “sistema complesso di un’identità relazionale” dove l’individualità di ciascuno si fonde in un contesto di comunione attraverso l’attenzione prestata alle relazioni tra le cose o semplicemente seguendone la loro reciproca “corrispondenza”.

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