ROMA – “Il mio nuovo romanzo si intitolerà ‘Amor en la Villa del Mar Blanco’: sarà la storia di una famiglia divisa e del desiderio di ritrovarsi insieme in un Sahara libero, lì in riva all’Atlantico, dove la sabbia assedia le rovine della città coloniale di La Güera”. Ali Salem Iselmu, giornalista e poeta saharawi, risponde all’agenzia Dire al telefono dalla Spagna.
L’ultima volta che vide la casa della sua infanzia, a Dakhla, nella regione del Sahara occidentale, una ex colonia di Madrid, era il 1978. Suo padre è restato lì, mentre sua madre con una delle sorelle e uno dei fratelli vive dall’altra parte del confine con la Mauritania. Altri due fratelli sono in Spagna e un altro ancora in Algeria, in uno dei campi di accoglienza per i profughi saharawi spinti a lasciare le proprie terre dall’avanzata militare del Marocco del 1975.
POETA, TRADUTTORE, ATTIVISTA
Iselmu vive nella regione basca e pure in basco è stata tradotta la sua raccolta di poesie ‘La Musica del Siroco’. Ha scritto anche saggi, come ‘La primavera saharaui’, ed è traduttore dallo spagnolo all’arabo e all’hassaniya, una variante linguistica diffusa nel Sahara occidentale e in Mauritania.
Con la Dire parla di storia cominciando dalla fine, addirittura da quello che sarà o potrebbe essere. Il conflitto tra Russia e Ucraina riguarda anche il diritto dei popoli all’autodeterminazione, a volte riconosciuto altre volte no, come dimostra il referendum chiesto dalle Nazioni Unite per il Sahara occidentale nel 1975 e ancora nel 1991 e però mai tenuto.
SCANDALO UE CON ACCUSE A QATAR E MAROCCO
E poi ci sono le novità, nell’Europa più vicina, quella mediterranea, con la destra che va al governo in Italia e Giorgia Meloni primo ministro. “Lei è stata nei campi profughi, ha anche frequentato associazioni di amici del popolo saharawi, è sensibile alla questione” commenta Iselmu. “Non perdo mai la speranza, anche se in un blocco come l’Unione Europea la realpolitik può limitare la libertà: ricordo ciò che accadde con un governo svedese socialdemocratico che si era impegnato a riconoscere la Repubblica araba democratica saharawi ma poi cedette alle pressioni del Marocco e dell’Ue stessa”.
Di pressioni si è parlato in questi giorni per via di inchieste su corruzione e lobbying contro strumenti illeciti che hanno coinvolto diversi eurodeputati. Sul banco dei sospettati, insieme con la ormai ex vicepresidente del Parlamento Eva Kaili, c’è sia il Qatar, che ha da poco ospitato i Mondiali di calcio, sia emissari e servizi segreti del Marocco.
TE’ NEL DESERTO
Ma parliamo di un tè nel deserto. Una piccola storia africana. Anzi sahariana. Quella di Meloni, all’epoca consigliera provinciale di Roma, che bevve con le donne saharawi nel campo profughi di Tindouf. E che nel recente libro ‘Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee’ ricorda “dieci giorni indimenticabili” celebrando il “formidabile senso di appartenenza” di quel popolo e sottolineando il suo diritto all’autodeterminazione. Una posizione compatibile con le richieste dell’Onu ma non con la linea di Rabat, che considera il Sahara occidentale parte integrante del proprio territorio nazionale.
Alcune settimane fa la rivista ‘Jeune Afrique’ ha pure ricordato il boicottaggio del Marocco invocato durante un convegno a Crotone da Gianfranco Turino, un dirigente locale di Fratelli d’Italia che nella sala consiliare del Comune calabrese aveva esposto uno striscione con la scritta ‘Sahara libre’.
Sul tema l’ambasciata di Rabat a Roma non si è espressa, forse nella previsione che Meloni premier sarà diversa; e che, nonostante i nuovi accordi dell’Italia per il gas dell’Algeria, Paese storicamente sostenitore degli indipendentisti saharawi, i suoi partner di governo Silvio Berlusconi e Matteo Salvini hanno con il Marocco buoni rapporti.
STORIE SIMILI E DISPERSE
Sul merito dell’autodeterminazione restano le difficoltà di sempre e pure qualcuna in più. Dopo il riconoscimento della sovranità del Marocco sul Sahara occidentale da parte americana spicca la scelta della Spagna, che per la prima volta ha espresso favore verso il piano del re Mohammed VI per un’autonomia regionale nel quadro dello Stato marocchino.
E poi ci sono le mille storie, simili e disperse, di un popolo senza terra. “Le ondate di coloni arrivate nel corso degli anni hanno mutato gli equilibri demografici del Sahara occidentale” denuncia Iselmu: “Su 400mila abitanti circa 300mila sono ormai marocchini; l’unico principio possibile per un referendum è quello delle origini, che tenga conto delle diaspore e degli esuli, dalla Mauritania all’Algeria, dagli altri Paesi d’Europa fin qui in Spagna”.
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