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    Giappone, ministro Giustizia nella bufera per battuta su pena morte

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    Hanashi: “Finisco nei notiziari solo se firmo esecuzioni”

    Roma, 10 nov. (askanews) – I gaffeur sono uno dei prodotti caratteristici della politica giapponese. Il remoto e ormai defunto primo ministro Yasuhiro Nakasone e l’ex vicepremier Taro Aso sono stati in passato grandi esempi di questa tradizione. L’ultimo arrivato potrebbe essere l’attuale ministro della Giustizia Yasuhiro Hanashi, che è finito sulla graticola per aver fatto una battuta decisamente infelice sulla pena di morte, che nel Sol levante è ancora applicata per impiccaggione.

    Hanashi, che ha assunto il suo delicatissimo ruolo nel mese di agosto, ha approfittato di una riunione politica ieri per dire che l’incarico di ministro della Giustizia non dà particolari soddisfazioni in termini di visibilità: “Succede solo quando poni il tuo sigillo sulle esecuzioni capitali, allora ti ritrovi nei notiziari”. Insomma, fare il ministro della Giustizia “non aiuta a raccogliere fondi o assicurarsi voti”.

    Affermazioni indifendibili quelle del ministro, appartnente al Partito liberaldemocratico del primo ministro Fumio Kishida, che secondo i sondaggi è in pesante crisi di consenso. Il portavoce del governo, capo di gabinetto Hirokazu Matsuno, si è dovuto così precipitare a denunciare le “affermazioni insensibili” del ministro in un punto stampa.

    Hanashi, dal canto suo, si è arrampicato sugli specchi dicendo di voler ritrattare le sue affermazioni e si è anche scusato.

    Il ministro proviene dalle fila dell’Agenzia nazionale di polizia. Non ha avuto ancora il tempo di porre quel sigillo che attiva le procedure per rendere esecutiva una condanna di morte decisa dai tribunali.

    Il leader del Partito democratico costituzionale, principale formazione dell’opposizione, ha affermato che il ministro “non comprende l’importanza del suo ruolo” e questo lo rende inadeguato a ricoprirlo.

    Il Giappone, secondo Amnesty International, è uno dei 18 paesi che lo scorso anno hanno applicato la pena di morte. Nel 2021, dopo due anni di stop, sono stati impiccati tre detenuti. A luglio è stata eseguita l’unica condanna finora per il 2022. Sono 106 le persone che attendono l’esecuzione nel braccio della morte. Talvolta questa attesa può durare decenni, l’esecuzione non viene preannunciata a una data prefissata e, dal punto di vista del detenuto, può avvenire in qualsiasi momento. Solitamente la pena di morte viene comminata per reati particolarmente odiosi e raccapriccianti come la strage.

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